11.4.11

Recensione: "Non è un paese per vecchi" di Cormac McCarthy

La strada mi era piaciuto così tanto che non potevo aspettare troppo prima di leggere un altro romanzo di McCarthy, e così è venuto il turno di Non è un paese per vecchi. Il film l'avevo visto tempo fa, in un periodo in cui, qualunque cosa guardassi, mi addormentavo dopo mezz'ora. E Non è un paese per vecchi non ha fatto eccezione, cosa che mi ha permesso di leggere il libro con solo un vago ricordo di alcune sensazioni legate al film. Per me è una fortuna, non amo leggere un romanzo lasciandomi condizionare dalla sua trasposizione cinematografica. Non sono un'integralista della parola scritta, ci sono film che ho amato molto di più dei libri da cui sono tratti o a cui sono ispirati (uno su tutti: Jules e Jim), ma preferisco leggere prima di guardare. Quindi ora posso vedere "di nuovo" il film dei fratelli Coen.

Ho iniziato Non è un paese per vecchi la mattina del giorno in cui mio fratello mi ha detto di essere rimasto un po' perplesso dalla Strada. Mi è diventato improvvisamente chiaro che io e mio fratello non abbiamo gli stessi gusti - cosa che ho sempre saputo ma mai seriamente considerato. Non ho potuto che rispondergli che stavo leggendo già un altro romanzo di McCarthy, che mi piaceva forse anche di più e che probabilmente sarebbe piaciuto anche a lui. Perché McCarhty è uno di quei rari scrittori che piega decisamente l'intreccio e le tecniche narrative al tipo di romanzo che ha in mente. Sembrerebbe scontato, ma non lo è. In molti romanzi di uno stesso autore si riconosce non tanto la voce dell'autore stesso quanto una sorta di marchio di fabbrica, di atmosfera comune. Che funziona se si tratta di romanzi simili o che vanno a costituire un'unica topografia fantastica caratteristica di un dato autore (come quasi tutti i libri di Gabriel García Marquéz, per esempio, che divoravo da ragazzina), ma diventa invadente quando i romanzi in questione sono molto diversi. Ecco, McCarthy ha il pregio di far sì che ogni suo libro sia libro a sé, pur facendo riconoscere al lettore un romanzo come suo per questo suo stile così asciutto, essenziale, che per me rasenta la poesia. (Almeno, per la mia limitatissima conoscenza: due romanzi sono pochi per un simile giudizio, me ne rendo conto).
La narrazione della Strada è monotona e alienante, ripetitiva, sembra un racconto archetipico. Non è un paese per vecchi si svolge su piani temporali diversi, luoghi diversi, in contemporanea, seguendo personaggi differenti e lasciandoci quasi liberi di scegliere il nostro protagonista. Perché in Non è un paese per vecchi i protagonisti sono tre, come in Il buono, il brutto e il cattivo. E più o meno hanno anche questi tre ruoli, anche se più che il brutto Llewelyn Moss è solo un uomo qualunque che si imbatte in una spaventosa quantità di soldi. E li prende. Lo sceriffo Bell è il buono. Anton Chigurh è il cattivo, una macchina per uccidere, fredda, spietata. Uno psicopatico assassino che segue una sua rigida filosofia. In omaggio a Bozzetto e al suo West and Soda, e per l'impronunciabilità del nome (qual è la pronuncia di 'Chigurh'?) nei miei resoconti in questi giorni lo chiamavo "il Cattivissimo".

Apro una parentesi: dopo tutti questi riferimenti western, c'è bisogno di dire che Non è un paese per vecchi è un western? Prima ancora di essere un thriller, è un western moderno. Certo, ci sono i pick-up. Ma ci sono anche i cavalli...

Tornando ai protagonisti: lo sceriffo è quello che parla di più, Moss è quello che scappa e Chigurh è quello che insegue Moss e non si fa prendere dallo sceriffo. Quello che non può mai diventare vulnerabile. Quello che dice:

Non stava a me la scelta. Ogni momento della tua vita rappresenta una svolta e una scelta. A un certo punto hai compiuto una scelta. E tutto è andato di conseguenza. La contabilità è precisa. La forma è tracciata. Nessuna linea può essere cancellata. Non credevo assolutamente che potessi influenzare una moneta in tuo favore. Come avresti potuto? La strada di una persona nel mondo cambia raramente, e ancora più raramente cambia all'improvviso. E la direzione della tua vita si vedeva fin dall'inizio.

Non è un paese per vecchi è crudo, amaro.
C'è spazio per due figure femminili, entrambe forti: la moglie dello sceriffo, Loretta, e la moglie di Moss. La prima ingentilisce il libro, a suo modo, perché sembra il genere di persona capace di piegare il destino con la semplice accettazione. E i pensieri dello sceriffo rivolti a lei sono sempre densi di amore o di gratitudine. La seconda invece aggiunge amaro all'amaro, perché non importa se "Be', tesoro, purtroppo sei arrivata tardi. Perché io il mio acquisto l'ho fatto. E mi sa che quello che ho preso me lo tengo": è molto più facile credere alle apparenze.

Non è un paese per vecchi è un romanzo dal ritmo coinvolgente, scritto senza fronzoli, diretto, profondo. Da leggere assolutamente.

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