26.4.11

Mi manca la "i" (vaneggio misto a nostalgia delle lettere che non ci sono più)

Lo ammetto senza troppi problemi: sulla lingua italiana, la mia posizione è classicista. Va bene che le lingue sono vive e si evolvono, ma tutto sommato a me piace mantenere la forma corretta fino all'ultimo, anche quando la forma 'scorretta' si è ormai affermata. Quand'ero più piccola ero incapace di scendere a compromessi (e per questo mi sono ostinata a scrivere provincie fino alla fine del liceo, mostrando già quello snobismo linguistico di cui anche questo post è prova), però crescendo mi sono addolcita: mi sembra normale che la lingua si evolva verso la semplificazione, per cui se la regola del -cia dice che consonante+cia al plurale perde la i, provincia avrà anche un'etimologia tale per cui la i dovrebbe restare pure al plurale, ma si può tranquillamente farne a meno. Se no non se ne esce più!

(Con questa vocazione linguisticamente così bacchettona, temo fosse scritto che sarei finita nel magico mondo dell'editoria, anche se non in una redazione).

Dicevo della i,  e non a caso, perché quand'ero piccola avevo un sacco di dubbi proprio su questa lettera e sulla sua presenza: ci sono troppe parole in cui c'è ma è come se non ci fosse, e mi è sempre sembrato non ci fosse logica. Perché sufficienzascienza ce l'hanno, e adolescenza no? Va bene l'etimologia, ma si finisce nel regno dell'eccezione e per uno che impara l'italiano è un inferno.

Quando mi hanno insegnato la regola del -cia e -gia (al plurale la i resta solo se -cia o -gia sono preceduti da una vocale, per cui si ha valigiavaligie ma gocciagocce), metà dei miei dubbi se ne sono andati. E con l'abitudine un'altra buona percentuale - a furia di scrivere, certe parole diventano automatiche, come se la mano conoscesse l'ortografia più della testa.

Qualche dubbio mi era rimasto sui verbi.
Al liceo, io e una mia compagna eravamo stupite che la maestra del fratello di un nostro amico insistesse su sogniamo e insegniamo, per fare entrare nella testa dei suoi alunni la forma corretta. Gn, come sc, è un suono ingannatore: sentiamo la i, ma non sempre va scritta. Ricordo che ne parlai a mio padre, e la sua risposta mi fulminò: "Non puoi mai perdere la -i nella prima persona plurale dell'indicativo presente, la desinenza è -iamo."  Semplice, diretto, sicuro. Avevo risolto un'altra buona percentuale di dubbi sulla i.

Ma poi è arrivato "consegnamo". L'ho visto prima sui pacchi dei rotoli per asciugarsi le mani in ufficio: "Consegnamo igiene" (le i di igiene però ci sono tutte). Poi l'ho visto sui baracchini che vendono fiori: quelli che fanno consegne a domicilio in genere hanno stampato, direttamente sulla tendina verde che sovrasta il baracchino, "Consegnamo piante". Peggio ancora: in una riunione mi è capitato di veder presentato un libro dal titolo Disegnamo con i gessetti - quando ho segnalato che c'era un errore nel titolo, è stato cambiato: non si è ripristinata la forma corretta, disegniamo, perché con la i risultava strana e si temeva passasse per un refuso. (No, non sto scherzando).

Ora, io posso tranquillamente scrivere province (anzi, ormai la forma con la i mi suona sbagliata), ma faccio molta fatica a rassegnarmi alla dipartita della i dalla desinenza del verbo. Nella mia top 3 degli errori grammaticali più difficili da vedere, occupa senz'altro il numero 1. (Seguono qual'è invece di qual è - esiste il troncamento, non solo l'elisione - e invece di po' - esistono le elisioni, non solo gli accenti -.

So che mi devo rassegnare, le lingue sono vive e si evolvono, e la semplificazione cui tendono passa anche per . Però mi illudevo che almeno l'editoria avrebbe difeso più a lungo la forma più corretta, quella per anni ritenuta l'unica. E invece devo ammettere che mi sbagliavo: nei libri ancora ancora ci si salva (immensamente grazie a tutti i correttori di bozze), ma nelle comunicazioni online mi è capitato di vedere già un buon numero di qual'è. Ma pazienza, forse anche l'ortografia in fondo è questione di gusti: è la parola orale che conta, e se una stessa pronuncia ammette grafie diverse si finirà sempre per cadere sulle più semplici. Altrimenti la lingua è morta.


La I che apre l'articolo viene da qui, l'ha fatta More Monger per Lettercult.
La seconda I è stata fatta da Daniel Holter nel 1987.

3 commenti:

  1. Ciai un pò raggione anche tu... ;)

    By: Il tuo amico cinghiale

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  2. Davanti a queste osservazioni, io mi inchino. Sul serio.
    Sono sempre stato dipinto come un pignolo, un "perfettino". Essendo vero, ho sempre cercato - tra le altre cose - di scrivere correttamente, rispettando tutte le regole. Tuttavia, ho un enorme problema: la mia memoria a lungo termine è difettosa. Oltretutto, avendo scelto di seguire un'educazione scientifica, i miei ricordi relativi alle regole da te citate risalgono ai tempi in cui ci conoscevamo (le scuole elementari [n.d.a.]), o poco più avanti. Ne consegue che - citando una tua espressione - io appartengo a quella schiera di persone le cui mani conoscono l'ortografia meglio della testa.
    Inoltre, pensavo che queste regole non se le ricordasse nessuno, invece tu mi hai smentito (certo, sarei sollevato se tu avessi consultato un libro durante la stesura di questo articolo)! Ad ogni modo, se fossi stato presente alla riunione da te narrata, mi sarei impuntato per l'utilizzo della forma corretta.
    Complimenti per l'acutezza.

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  3. Grazie per il complimento. Devo dire che è sempre confortante trovare qualcuno che condivide le mie stesse 'ossessioni' per la lingua italiana. Anche perché così mi sento un po' meno bacchettona :)

    (Non ho controllato nessun libro per le regole citate, me le ha inculcate a forza l'insegnante delle Medie, che era davvero spaventosa).

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