24.2.11

Ebook - 1. La forma

La storia del libro mi è sempre sembrata affascinante. Alla sua forma e ai cambiamenti subiti nei secoli, i testi di introduzione alla filologia italiana in cui mi sono imbattuta* non dedicano più di un paio di brevi capitoli: una sintetica carrellata al passaggio dal manoscritto al libro stampato. In un contesto filologico, non è la forma quello che interessa ma il testo e il modo di tramandarlo. Perché il supporto è solo uno strumento.

Dai sottili strati di corteccia usati come supporto allo scrivere (ricordati da Plinio il Vecchio) ai rotoli di papiro, dalle tavolette cerate ai codici di pergamena: i ‘protolibri’ (in Europa) si scrivevano a mano. Al massimo, ma siamo già nel Medioevo, si stampava con blocchi di legno (tipo timbro, per intenderci), per lo più carte da gioco e materiali poveri.

L’invenzione, a metà Quattrocento, della stampa a caratteri mobili consacra il libro come lo conosciamo noi: si comincia a parlare di tirature, esistono copie di libri identiche mentre prima, anche se i manoscritti avevano già la forma del libro moderno, ognuno faceva per sé perché ognuno aveva degli errori peculiari: fino ad allora, i libri erano scritti a mano, pazientemente copiati e ricopiati. Ed erano costosi.

Cos’è successo ai manoscritti quando è comparso il libro a stampa? All’inizio niente, il libro a stampa si è affiancato al manoscritto, anzi, non erano infrequenti casi di manoscritti copiati da stampe – probabilmente perché la stampa, più democratica, faceva storcere il naso agli snob dell’epoca tipo Federico da Montefeltro (almeno, così racconta Vespasiano da Bisticci).

Ma il futuro, a quel punto, era già scritto. Certo, non mancano casi limite (Anatole France che copia i suoi libri a mano per una ristretta cerchia di amici), ma l’invenzione di Gutenberg ha segnato la storia del libro. Non è stata una rivoluzione immediata, ma è stata una rivoluzione a tutti gli effetti. Una rivoluzione che ha permesso di diffondere i libri, di pubblicare anche cose meno ‘alte’ (la Bibbia e i testi sacri andavano per la maggiore). Anche con le nuove tecniche sviluppate dal XVIII e XIX secolo, e con gli strumenti moderni, il libro è rimasto quello che conosciamo. Da Gutenberg a noi ci sono più o meno per 5 secoli. Ma i codici manoscritti avevano già la forma, e la praticità, del libro stampato, per cui possiamo dire che la forma che hanno i libri che troviamo oggi in libreria ha circa 22 secoli (col diffondersi della pergamena, pare si sia passati, già nel II secolo a. C., ad Alessandria, al libro nel senso moderno della parola).

22 secoli. 22 secoli di pagine rilegate, scritte o stampate. (22 secoli di editoria: allora faccio quasi il mestiere più vecchio del mondo!)

E adesso, dopo questa piccola eternità, l’editoria sta cominciando a invecchiare. O almeno, la forma. La sostanza dovrebbe restare la stessa: che si legga su una tavoletta di cera incisa, su un libro, su un tablet, su un ereader, si sta sempre leggendo un libro... Ma, come si dice, a volte bisogna mutare la forma per rinnovare la sostanza. Direi che è ormai in corso, finalmente, una nuova rivoluzione. E dopo questa carrellata storica, direi che è ora di parlare di oggi...

* In particolare A. Stussi, Introduzione agli studi di filologia italiana, Il Mulino, Bologna, 1994

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