14.11.10

Recensione: "L'uomo che cadde sulla terra" di Walter Tavis

 La fantascienza non è il mio genere, mi sono imbattuta in questo libro per caso, o meglio, per necessità: ero via e non c'era nient'altro da leggere. Così l'ho cominciato una notte, l'ho abbandonato per finire La trilogia della città di K. e poi ho deciso di riprenderlo e finirlo perché, anche se non è il mio genere, anche se non è una storia poi così originale, quella dell'Uomo che cadde sulla terra è una storia che vale la pena leggere. 
Un extraterrestre che arriva sulla Terra e ha come missione quella di salvare il suo popolo, perfino a me che non sono pratica del genere, non sembra un'idea così originale - il libro è stato però scritto a inizio anni Sessanta, e pubblicato in Italia da minimum fax nel 2006.
E anche lo stile scarno in cui è scritta la storia, per quanto piacevole e curato, non è niente di davvero particolare. Quello che mi ha colpito e mi ha stretto al libro è la sofferenza che lo percorre tutto, il tormento, l'assillo di una scelta tra il futuro che si voleva e il presente che si è conosciuto, tra la natura di antheano del protagonista - alto, esile, leggero, intelligentissimo - e l'umanità - misera, alcolizzata, edonista, buona - che finisce per contagiarlo, per fargli dubitare della sua missione, per fargli temere che, a contatto con i terrestri, il suo popolo potrebbe impazzire.
La discesa nell'alcolismo del protagonista, così simile a quella dell'autore, è una parabola tutta umana: non intacca infatti il piano originario, non si crea mai davvero la situazione per cui tutto è perduto. Quello che è davvero perduto è Thomas Jerome Newton, il protagonista, così alla fine umano e così lucidamente antheano da decidere di perdersi nella sua solitudine.

"E di colpo provò un'ondata d'affetto (forse lui stesso era ubriaco?) per quell'uomo esile e solitario. Forse anche Newton era un maestro della solitaria sbronza mattutina e cercava... qualcosa, qualsiasi cosa, che potesse fornire a un uomo sano in un mondo insano la ragione per non bere al mattino". (Walter Tevis, L'uomo che cadde sulla terra, minimum fax, 2006, p. 99).

Una curiosità: dal libro è stato tratto nel 1976 il film L'uomo che cadde sulla terra, interpretato da David Bowie.

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