7.11.10

Dalí a Milano: il sogno è una mezza delusione

Qualche settimana fa, su D di Repubblica, Patrizia Valduga scriveva che, a Milano, le uniche manifestazioni artistiche ancora in grado di soddisfarla sono quelle musicali. Lo scriveva reduce dalla mostra a Palazzo Reale Salvador Dalí Il sogno si avvicina. E come darle torto?

Per quanto la mostra dichiari come obiettivo quello di approfondire il rapporto tra l'artista e il paesaggio:

"aspetto poco conosciuto dal grande pubblico, che offre inattesi spunti di riflessione in merito al legame di Dalí con la pittura rinascimentale italiana, il surrealismo e la metafisica, in un processo che, secondo il curatore Vincenzo Trione, porta il pittore dal caos dell’inconscio al silenzio. 
Quadri che vogliono documentare un “altro” Dalì: mistico, religioso, spirituale." fonte

non si può fare a meno di lamentare l'assenza di grandi opere che giustificherebbero la scelta della location (Palazzo Reale) e il costo del biglietto (9 euro).
Il visitatore si muove tra sette stanze, alcune con opere notevoli come Il volto della guerra e la Malinconia atomica (e personalmente, più della ricostruzione della Stanza di Mae West, mi diverte la Venere di Milo con peluche), altre con interessanti curiosità, come i bozzetti realizzati per l'animazione Disney Destino, ma nel complesso troppo poco per consentire al visitatore digiuno di avvicinarsi all'artista. E digiuno il visitatore lo è quasi per forza: erano 50 anni che non c'era una mostra dedicata a Dalí! Insomma, non è discorso di orologi che non c'erano (solo uno) e che tutto sommato il visitatore è portato a cercare, è che sempre più mi pare che le mostre da queste parti siano allestite con opere minori, e va bene cercare percorsi alternativi e meno battuti nell'arte di grandi maestri, però forse è il caso di farlo dopo aver presentato le opere maggiori.

Detto tutto questo, Dalí è sempre Dalí, ogni sua opera meriterebbe almeno mezz'ora di contemplazione e anche di più, tanti sono i simboli e i nascondigli che racchiude.

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