8.3.11

Recensione: "La strada" di Cormac McCarthy


Era tanto che desideravo leggere La strada. Finalmente, la scorsa settimana l'ho cominciato. Contrariamente al mio solito, mi sono imposta di leggere piano - La strada è un libro da leggere piano, per tante ragioni: è un libro che brucia il cuore.

L'ho finito sabato, in treno. Leggendo le ultime pagine piangevo, ma alla penultima ho smesso. Mi bastava un ennesimo barlume di speranza, che il viaggio potesse durare ancora. Più che di commozione però piangevo perché non riuscivo più a reggere quella desolazione, quel proseguire un viaggio verso niente mascherato da viaggio verso un'ultima speranza. Non riuscivo più a reggere quel legame inossidabile tra padre e figlio, un legame fatto non solo di affetto ma nemmeno di abitudine o costrizione. "Perché noi portiamo il fuoco".

«Ce la caveremo, vero, papà?

Sí. Ce la caveremo.

E non ci succederà niente di male.

Esatto.

Perché noi portiamo il fuoco.

Sí. Perché noi portiamo il fuoco».

La scrittura di McCarthy è scarna, pulita, direi quasi perfetta. Li vedi i due che camminano sulla strada, il padre piegato a spingere il carrello. Senti il silenzio totale intorno a loro. La cenere. La luce grigia sempre uguale. Il freddo. La fame. I pericoli, l'odio, gli altri uomini.

Calvino diceva che poesia è l'arte di fare entrare il mare in un bicchiere. La strada è poesia. Forse è questo l'unico modo di parlare del mondo alla fine del mondo, e dei sopravvissuti.

1 commento:

  1. Io dopo due anni, rimango piùtosto traumatizzata da questa esperienza di lettura, forse proprio perché McCarthy è riuscito a fare poesia pur descrivendo l'insopportabile. Ero sempre tentata di chiuderlo perché troppo atroce, ma la speranza mi faceva andare avanti proprio come i protagonisti...
    ciaoo

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