La vicenda di Esther si sviluppa parallelamente a quella di un altro personaggio a cui il cane offre i suoi servigi: Wiston Churchill. Siamo nel 1964 e Churchill è alla vigilia del suo discorso d'addio. Il cane nero, suo acerrimo nemico, gli è più vicino che mai. E grande è lo stupore dello statista quando si rende conto che la giovane bibliotecaria incaricata di battere a macchina il suo discorso vede Black Pat esattamente come lui. Già, perché nessuno vede il cane nero se non le sue vittime.
L'incontro tra Churchill e Esther è uno dei momenti più intensi del libro. Lui, intento a cercare su di lei i segni che ben conosce, cerca di spronarla alla lotta, consapevole che è una vittima fresca e che, in quanto tale, può forse ancora sconfiggere il nemico invece che abbandonarvisi.
Il finale è assolutamente prevedibile, ma non ha importanza in un romanzo come questo. Conta l'idea (non originale in sé ma ben sviluppata), lo stile (decisamente personale, e adatto a questo tipo di libro), la capacità di rappresentare situazioni (qui la Hunt si muove a volte con poca disinvoltura, ma glielo si può perdonare perché sa regalare delicati quadri di intimità sconcertante) e la tridimensionalità data ai personaggi (i più riusciti, i più sfaccettati, sono Churchill e il cane - e non potrebbe che essere così).
Un romanzo commerciale ma non scontato, che affronta un argomento non facile con una leggerezza mai inopportuna. Un romanzo romantico, non tanto - e non solo - per il suo finale quanto per l'immagine che restituisce della coppia Churchill e signora. Un amore capace di vedere anche quello che agli altri è invisibile:
"Ho osservato la battaglia di Winston contro di te per tutti questi anni e, lasciatelo dire, lui non si arrenderà mai".
Andandosene Black Pat disse: "Per questo tu dovresti elogiare te stessa".
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